STORIA DEL KARATE.
Il Karate, che in questi ultimi anni ha raggiunto vertici di gran diffusione, è una disciplina che viene dal Giappone.
Tuttavia, le sue origini non sono radicate nella storia antica del vecchio regno di Yamato, come si potrebbe supporre, ma nel substrato culturale dell’ Asia, dove da sempre esistito l’ uso di combattere corpo a corpo. E’ stato accertato dagli studiosi di arti marziali che il Karate trova le sue origini nel Vjramushiti, un metodo di lotta sviluppato nella casta militare degli Kshatrya dell’antica India. In molti testi esistono descrizioni di confronti di danza guerriera a mano disarmata paragonabile al Karate. In India nella casta degli aristocratici nasce l’uomo al quale la leggenda attribuisce lo sviluppo dell’antico Karate: Bodhidharma, noto ai giapponesi col nome di Daruma
Tashisi vissuto tra il V e il XVI secolo dopo Cristo. Alla morte del suo maestro Prainatara, Bodhidharma compii il viaggio dall’India alla Cina spingendosi al nord sino a raggiungere il regno dell’imperatore Wu, con il quale ebbe a Nanch uno storico incontro. Il concetto fondamentale dell’insegnamento di Bodhidharma che vi sia un legame tra lo spirito e il corpo. A tal fine durante l’iter formativo da lui preposto si svolgevano durissimi esercizi fisici. Da allora i monaci che si sottoposero al suo insegnamento, divennero famosi per essere dei formidabili lottatori senza l’uso delle armi. Di fatto, non esistono testi che comprovino tutto ciò per quanto riguarda la cultura orientale, dobbiamo affidarci alle numerose leggende e tradizioni. Possiamo per affermare con sicurezza che la guerra tra il Giappone e la Cina ha avuto una parte determinante nello sviluppo del Kempo o Karate. Aggredita dal Giappone, la Cina aveva chiamato a raccolta tutti i paesi satelliti per respingere gli invasori. Tra questi anche Okinawa aveva contribuito a ricacciare le armate giapponesi Toyotomi. Ma nel Giappone, sconvolto da secoli di lotte, scoppiava una ennesima guerra tra i vari clan tesi alla conquista del potere militare. In una di queste faide i Tokugawa, che regnavano da più di due secoli sul Giappone, hanno la supremazia sulla potente famiglia degli Shimatsu.
Com’era da costume il clan perdente poteva ritirarsi nei suoi feudi. Ma anche se la famiglia Shimatsu era relegata nel proprio territorio rappresentava un pericolo per i Tokugawa, i quali concessero ai Shimatsu di sfidare le proprie ire contro le isole Ryu-Kyu.Così, nel 1609, essi marciarono contro Okinawa e posero fine alla sua indipendenza annettendola al Giappone. I nuovi conquistatori vietarono agli isolani l’uso delle armi. Chi ne veniva trovato in possesso, finiva in carcere o ucciso. Ma gli abitanti di Okinawa, gente fiera, mal sopportavano i Giapponesi, così affinarono le uniche armi in possesso nella lotta contro i nuovi invasori: le loro armi naturali, cioè braccia e gambe. Esercitandosi, essi divennero esperti combattenti e le loro armi divennero micidiali. A Okinawa, dapprima segretamente, poi alla luce del sole, fiorirono le prime scuole di Karate. Vi erano tre scuole fondamentali: Shuri-te, Nana-te e Tomari-te note come Okinawa-te (mani di okinawa). Ma altri eventi storici determinarono una svolta decisiva nell’Okinawa-te. Durante il regno di Tokugawa, la classe dei Samurai, quella che aveva l’appannaggio dell’arte della guerra, subì un tracollo che investì le loro arti marziali. Nella società feudale, il Samurai era considerato appartenente alla piccola nobiltà e viveva agli ordini del Daimyo (grande nobiltà ). Dopo la restaurazione Meiji (1868), durante la quale vennero abbattuti i Tokugawa il potere tornò all’imperatore. Le arti marziali conobbero un trentennio di decadenza, durante il quale i vari Dojo (palestre) erano disertati. Sembra che tutto l’antico patrimonio del bujutsu dovesse andare definitivamente perduto. Invece, ci fu chi ebbe la geniale intuizione di salvare il tutto cercando di adattare le arti marziali ai tempi. Le arti marziali spostarono così il loro bersaglio: anzi che avere come fine immediato la vittoria sull’avversario, la conoscenza dell’arte doveva servire per il miglioramento del carattere umano, per una sua elevazione spirituale.
Così la parola Jutsu scomparve per far posto alla parola Do, che è un termine filosofico indicante (laVia). Ken-jutsu (della spada) divenne Ken-Do; Ju-Jutsu divenne ju-Do,ecc.
Kenkichi Sakakibara (1830-1849) e Jigoro Kano, l’uno per l’arte della spada e il secondo per il Judo, furono le personalità che per prime in Giappone si fecero promotrici di questo definitivo sviluppo delle arti marziali. Ebbero l’appoggio del governo che introdusse nelle scuole questi nuovi sport. A Okinawa, divenuta ormai in tutto giapponese, l’Okinawa-te era senz’altro più popolare e seguita del Kendo e del Judo. I più forti combattenti e i migliori maestri erano di queste isole. Tra di questi, tre caposcuola assunsero il compito di divulgare il Karate-Do in Giappone: Kenwa Mabuni per lo Shito-Ryu, Choiun Miyagi per il Goju-Ryu e Gichin Funakoshi per lo Shotokan. Tra il 1900 e il 1920 furono i viaggi di questi e altri maestri in Giappone, per facilitare l’entrata ufficiale del Karate in Giappone riconosciuta nel 1923, anno in cui Funakoshi decise di restare sul suolo nipponico per diffondere il Karate. In Giappone il Karate fece molti adepti tuttavia il suo sviluppo fu lento a causa della sentita presenza del Judo e del Kendo. Funakoshi teneva le sue lezioni a Tokyo, Mabuni a Osaka e Kyoto, Miyagi nell’isola di Kyushu. Dopo la grande depressione economica del 1929 (crollo di Wall Street) in tutto il mondo ci fu un insorgere di movimenti nazionalistici. In questo periodo, a causa di ciò, abbiamo la sostituzione del primo ideogramma che componeva la parola Kara-te.
L’ideogramma originario (To) aveva lo stesso significato (vuoto) ma stava anche a simboleggiare la dinastia T’ang. Poi che l’interesse primario in un combattimento non era la vittoria sportiva, ovvio che si pensasse soprattutto all’incolumità fisica dei combattenti. I vari colpi come potevano essere scagliati nei punti vitali senza provocare la morte? Fu così introdotto il concetto di controllo dei colpi e quasi tutti i maestri rivendicarono questa importantissima e fondamentale innovazione, che consiste di far vibrare i colpi con la massima carica psicofisica e nell’arrestarli a pochi millimetri dal bersaglio contraendo (kime) i muscoli interessati ed emettendo il kiai. Terminata la guerra il governo di McArtur proibì la pratica delle arti marziali per la durata di due anni, trascorsi i quali i maestri sopravvissuti alla guerra e i loro allievi poterono tornare a riprendere gli allenamenti. Funakoshi insieme ad alcuni allievi fonderà la Japan Karate Association dalla quale si staccherà più tardi. In quegli anni postbellici Yamaguchi Hironori Otsuka, Masutatsu Oyama e Egami sono a capo di organizzazioni di Karate in voga in Giappone, e la frantumazione delle scuole di Karate era continua ed inarrestabile. Pensate che oggi esistono circa 46 stili diversi di Karate! Tutti provenienti più o meno dai primi tre importanti: Goju, Shito, Shotokan.
Tashisi vissuto tra il V e il XVI secolo dopo Cristo. Alla morte del suo maestro Prainatara, Bodhidharma compii il viaggio dall’India alla Cina spingendosi al nord sino a raggiungere il regno dell’imperatore Wu, con il quale ebbe a Nanch uno storico incontro. Il concetto fondamentale dell’insegnamento di Bodhidharma che vi sia un legame tra lo spirito e il corpo. A tal fine durante l’iter formativo da lui preposto si svolgevano durissimi esercizi fisici. Da allora i monaci che si sottoposero al suo insegnamento, divennero famosi per essere dei formidabili lottatori senza l’uso delle armi. Di fatto, non esistono testi che comprovino tutto ciò per quanto riguarda la cultura orientale, dobbiamo affidarci alle numerose leggende e tradizioni. Possiamo per affermare con sicurezza che la guerra tra il Giappone e la Cina ha avuto una parte determinante nello sviluppo del Kempo o Karate. Aggredita dal Giappone, la Cina aveva chiamato a raccolta tutti i paesi satelliti per respingere gli invasori. Tra questi anche Okinawa aveva contribuito a ricacciare le armate giapponesi Toyotomi. Ma nel Giappone, sconvolto da secoli di lotte, scoppiava una ennesima guerra tra i vari clan tesi alla conquista del potere militare. In una di queste faide i Tokugawa, che regnavano da più di due secoli sul Giappone, hanno la supremazia sulla potente famiglia degli Shimatsu.
Com’era da costume il clan perdente poteva ritirarsi nei suoi feudi. Ma anche se la famiglia Shimatsu era relegata nel proprio territorio rappresentava un pericolo per i Tokugawa, i quali concessero ai Shimatsu di sfidare le proprie ire contro le isole Ryu-Kyu.Così, nel 1609, essi marciarono contro Okinawa e posero fine alla sua indipendenza annettendola al Giappone. I nuovi conquistatori vietarono agli isolani l’uso delle armi. Chi ne veniva trovato in possesso, finiva in carcere o ucciso. Ma gli abitanti di Okinawa, gente fiera, mal sopportavano i Giapponesi, così affinarono le uniche armi in possesso nella lotta contro i nuovi invasori: le loro armi naturali, cioè braccia e gambe. Esercitandosi, essi divennero esperti combattenti e le loro armi divennero micidiali. A Okinawa, dapprima segretamente, poi alla luce del sole, fiorirono le prime scuole di Karate. Vi erano tre scuole fondamentali: Shuri-te, Nana-te e Tomari-te note come Okinawa-te (mani di okinawa). Ma altri eventi storici determinarono una svolta decisiva nell’Okinawa-te. Durante il regno di Tokugawa, la classe dei Samurai, quella che aveva l’appannaggio dell’arte della guerra, subì un tracollo che investì le loro arti marziali. Nella società feudale, il Samurai era considerato appartenente alla piccola nobiltà e viveva agli ordini del Daimyo (grande nobiltà ). Dopo la restaurazione Meiji (1868), durante la quale vennero abbattuti i Tokugawa il potere tornò all’imperatore. Le arti marziali conobbero un trentennio di decadenza, durante il quale i vari Dojo (palestre) erano disertati. Sembra che tutto l’antico patrimonio del bujutsu dovesse andare definitivamente perduto. Invece, ci fu chi ebbe la geniale intuizione di salvare il tutto cercando di adattare le arti marziali ai tempi. Le arti marziali spostarono così il loro bersaglio: anzi che avere come fine immediato la vittoria sull’avversario, la conoscenza dell’arte doveva servire per il miglioramento del carattere umano, per una sua elevazione spirituale.
Così la parola Jutsu scomparve per far posto alla parola Do, che è un termine filosofico indicante (laVia). Ken-jutsu (della spada) divenne Ken-Do; Ju-Jutsu divenne ju-Do,ecc.
Kenkichi Sakakibara (1830-1849) e Jigoro Kano, l’uno per l’arte della spada e il secondo per il Judo, furono le personalità che per prime in Giappone si fecero promotrici di questo definitivo sviluppo delle arti marziali. Ebbero l’appoggio del governo che introdusse nelle scuole questi nuovi sport. A Okinawa, divenuta ormai in tutto giapponese, l’Okinawa-te era senz’altro più popolare e seguita del Kendo e del Judo. I più forti combattenti e i migliori maestri erano di queste isole. Tra di questi, tre caposcuola assunsero il compito di divulgare il Karate-Do in Giappone: Kenwa Mabuni per lo Shito-Ryu, Choiun Miyagi per il Goju-Ryu e Gichin Funakoshi per lo Shotokan. Tra il 1900 e il 1920 furono i viaggi di questi e altri maestri in Giappone, per facilitare l’entrata ufficiale del Karate in Giappone riconosciuta nel 1923, anno in cui Funakoshi decise di restare sul suolo nipponico per diffondere il Karate. In Giappone il Karate fece molti adepti tuttavia il suo sviluppo fu lento a causa della sentita presenza del Judo e del Kendo. Funakoshi teneva le sue lezioni a Tokyo, Mabuni a Osaka e Kyoto, Miyagi nell’isola di Kyushu. Dopo la grande depressione economica del 1929 (crollo di Wall Street) in tutto il mondo ci fu un insorgere di movimenti nazionalistici. In questo periodo, a causa di ciò, abbiamo la sostituzione del primo ideogramma che componeva la parola Kara-te.
L’ideogramma originario (To) aveva lo stesso significato (vuoto) ma stava anche a simboleggiare la dinastia T’ang. Poi che l’interesse primario in un combattimento non era la vittoria sportiva, ovvio che si pensasse soprattutto all’incolumità fisica dei combattenti. I vari colpi come potevano essere scagliati nei punti vitali senza provocare la morte? Fu così introdotto il concetto di controllo dei colpi e quasi tutti i maestri rivendicarono questa importantissima e fondamentale innovazione, che consiste di far vibrare i colpi con la massima carica psicofisica e nell’arrestarli a pochi millimetri dal bersaglio contraendo (kime) i muscoli interessati ed emettendo il kiai. Terminata la guerra il governo di McArtur proibì la pratica delle arti marziali per la durata di due anni, trascorsi i quali i maestri sopravvissuti alla guerra e i loro allievi poterono tornare a riprendere gli allenamenti. Funakoshi insieme ad alcuni allievi fonderà la Japan Karate Association dalla quale si staccherà più tardi. In quegli anni postbellici Yamaguchi Hironori Otsuka, Masutatsu Oyama e Egami sono a capo di organizzazioni di Karate in voga in Giappone, e la frantumazione delle scuole di Karate era continua ed inarrestabile. Pensate che oggi esistono circa 46 stili diversi di Karate! Tutti provenienti più o meno dai primi tre importanti: Goju, Shito, Shotokan.